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Scrivere è un po’ come allenarsi, come disputare una gara…una maratona. Ha i suoi alti e i suoi bassi. I suoi periodi di forma che si alternano a momenti in cui non si è condizione. Nel secondo caso vorresti fosse qualcun altro a scrivere le pagine dei tuoi racconti perché le parole non sempre escono e quelle che vengono fuori lo fanno in un modo che non è quello solito o comunque non è quello che hai in mente.

Un terzo forse entrando nel tuo cuore saprebbe meglio leggere ciò che hai dentro e potrebbe mostrarne l’essenza senza condizionamenti mentali. In modo forse troppo asettico ma comunque veritiero. Il mio veliero sospinto dal vento di maestrale delle ultime settimane ha trovato inopinatamente una secca proprio nel momento i cui le sue vele erano gonfie. A nulla è valsa l’esperienza del suo capitano e quando la ciurma si è rifiutata di eseguire gli ordini impartiti è parso a tutti che ci trovavamo di fronte al più clamoroso degli ammutinamenti! Pur avendo sempre trattato bene i miei marinai, a cui non ho mai lesinato cibo e attenzioni, non mi ero mai soffermato abbastanza su alcune loro esigenze. Forse le ho sottovalutate, forse ne ho dato poca importanza, forse le ritenevo meno prioritarie delle mie. Sta di fatto che in un pomeriggio di metà settimana, coi pensieri offuscati e il cuore ottenebrato, ho avvertito quanto fosse distante la mia autorità su di loro. Un Capitano senza autorità è come un auto senza un volante.

Ho concesso loro un po’ di riposo in vista di un lungo tratto da percorrere in una fresca mattina di settembre. Ho creduto che un po’ di svago, un leggero gozzovigliare in qualche lurida taverna di un porto sperduto potesse ridare loro forza ed entusiasmo. Ma mi sbagliavo. Già da subito l’equipaggio, soprattutto quello che aveva il compito di occuparsi della parte sinistra del veliero, mostrava segni di affaticamento, era intollerante ai comandi ricevuti e mostrava una crescente indisciplina culminata col peggiore dei disordini che un comandante potesse affrontare. L’irrigidimento è stato totale al punto che confuso e distratto dal dilagare degli eventi non mi sono reso conto dell’approssimarsi della secca fino a quando fu troppo tardi per invertire la rotta. Una settimana è servita per riuscire a riprendere il largo, le promesse sono servite per calmare gli animi e infondere il necessario calore per riprendere pur faticosamente il viaggio. La domenica dopo qualcosa è andata meglio ma non troppo…oramai il tuo equipaggio è diffidente, quando può fa sentire la sua forza contraria e ti ritrovi a navigare solo con la speranza di raggiungere la terra promessa mai come in questo periodo così distante e perigliosa….

Si sarà compreso che queste ultime due settimane ho combinato poco. Purtroppo la mia gamba sinistra ha qualche problema al quadricipite. Non posso negare che una sorta di rassegnazione si è impossessata di me condizionando anche la scrittura mai così distante dalla notizia, dal momento…..purtroppo è andata così, ora sto lottando per essere comunque ai nastri di partenza ma quantomeno in modo dignitoso. L’idea di correre 42 km195metri con una gamba sola non è molto stimolante….

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